Due ministre si ritirano in una settimana: cosa succede in Corea?

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In meno di sette giorni, la Corea del Sud ha visto saltare due nomine ministeriali. Due donne, due incarichi di grande rilievo, due dimissioni che hanno scosso l’opinione pubblica e messo in discussione le scelte del nuovo governo guidato da Lee Jae-myung.

Ma cosa sta realmente succedendo? E perché queste notizie non sono episodi isolati, ma il sintomo di qualcosa di più profondo?

Il 24 luglio, la deputata Kang Sun-woo ha annunciato il ritiro della sua candidatura a ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia. Le accuse a suo carico parlano di abuso di potere e comportamenti umilianti nei confronti dei suoi collaboratori parlamentari.

Ministra coreana pari opportunità bullismo
Kang Sun-woo

Secondo le testimonianze, Kang avrebbe costretto alcuni membri del suo staff a svolgere mansioni di tipo privato e domestico, tra cui riparare un bagno e smaltire i rifiuti di casa. Compiti chiaramente estranei al loro ruolo professionale.

Kang Sun-woo ha rilasciato una dichiarazione pubblica in cui si è detta dispiaciuta e pronta ad accettare le critiche. Ma il ritiro è arrivato a poche ore dal voto di conferma, segno che la sua posizione era ormai insostenibile.

Il caso di Kang non è isolato. Pochi giorni prima, anche Lee Jin-sook — nominata dal Presidente per guidare il Ministero dell’Istruzione — aveva rinunciato all’incarico.

Ministra coreana istruzione plagio scandalo
Lee Jin-sook

In questo caso, il problema era un’accusa di plagio: un’indagine giornalistica ha rivelato che la sua tesi di dottorato conteneva numerose parti copiate senza citazioni corrette. Di fronte alla polemica, Lee ha scelto di ritirarsi spontaneamente, evitando lo scontro parlamentare.

Per capire appieno il significato di questi episodi, dobbiamo introdurre un concetto chiave della cultura coreana, quello di gapjil.

Il termine nasce dalla combinazione di “gap” (la parte dominante in un contratto) e “jil” (comportamento scorretto o abusivo). Con gapjil si indica l’atteggiamento autoritario e arrogante di chi si trova in una posizione di potere e lo esercita in modo ingiusto, umiliando o sfruttando chi sta più in basso nella scala gerarchica.

Il gapjil può avvenire ovunque: negli uffici pubblici, nelle aziende, sui set televisivi, in politica. E’ rappresentato spesso nei drama coreani, dove gerarchie, autorità e soprusi vengono messi in scena con straordinario realismo — a volte per denunciare, altre per normalizzare questo aspetto della società.

Ma vediamo ora il caso forse più eclatante avvenuto in Corea, diventato simbolo per antonomasia di questo comportamento

Il caso più noto di gapjil è passato alla storia con il nome di “nut rage”, la “furia delle noci”.

Gapjil corea del sud nut rage
Cho Hyun-ah

Siamo nel dicembre 2014. Un volo della Korean Air sta per decollare da New York diretto a Seoul. A bordo c’è Cho Hyun-ah, vicepresidente della compagnia e figlia del CEO. Le vengono servite delle noci in busta, anziché su un piattino. La reazione? Furiosa. Incontrollabile. Cho Hyun-ah costringe l’aereo a tornare indietro (una manovra, com’è intuibile, riservata solo alle emergenze più gravi). Non solo. Fa rimuovere il capo cabina dal volo.

Questo fatto divenne ben presto un caso nazionale, e segnò un punto di svolta nella percezione pubblica del gapjil. Il Paese, infatti, pur essendo profondamente segnato da una struttura gerarchica ancora molto radicata, sta mostrando una crescente attenzione verso il tema della giustizia e dell’equilibrio dei ruoli. Comportamenti che un tempo venivano accettati o ignorati, oggi vengono riconosciuti come problematici.

Ogni volta che in Corea un politico o un personaggio pubblico viene travolto da uno scandalo, arrivano le scuse. Pubbliche, umili, spesso fotocopia. Tuttavia, questi eventi rivelano un problema strutturale, che va oltre i singoli comportamenti e le responsabilità individuali.

In meno di una settimana, la Corea ha perso due ministre. Una per plagio. Una per bullismo e abuso di potere. E oggi, due ministeri fondamentali — l’Istruzione e le Pari Opportunità — non hanno una guida.

Il punto non è solo chi se n’è andato, ma chi le ha scelte. E perché nessuno, nel sistema che le ha nominate, si assume la responsabilità di aver portato avanti candidature così deboli e divisive.

Scuse e dimissioni non bastano. Quando certi nomi arrivano così in alto senza che nessuno ponga domande, non è solo una questione di persone sbagliate. È il sistema che non funziona, e che continua a ripetersi senza mettersi davvero in discussione.

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