Questo poderoso romanzo d’esordio è stato salutato come un vero e proprio caso editoriale. La critica lo ha definito “intenso”, “commovente”, “una storia epica e intima”. Il pubblico lo ha amato, portandolo in cima alle classifiche inglesi e americane.
L’ho iniziato con un misto di trepidazione e grandi aspettative, pronta ad affrontare una vicenda intensa, complessa e profondamente drammatica. Tuttavia, man mano che procedevo nella lettura, qualcosa ha iniziato a stonare. Quella promessa di coinvolgimento assoluto non si stava realizzando, e un sottile senso di delusione ha cominciato a farsi strada, pagina dopo pagina.
Procederemo per gradi: una breve descrizione della trama per inquadrare la storia e, subito dopo, un’analisi di ciò che – a mio avviso – non ha funzionato.
In Memoriam di Alice Winn: la trama in breve

Ambientato negli anni della Prima guerra mondiale, In Memoriam segue il percorso due giovani inglesi, Gaunt ed Ellwood, amici fin dai tempi del collegio, che si ritrovano catapultati nel dramma delle trincee.
Gaunt è brillante, idealista, e nasconde un amore profondo per Ellwood, che a sua volta è segnato da sentimenti complessi e non dichiarati.
La guerra arriva. Il fronte è brutale e spietato, e cambia per sempre Gaunt ed Ellwood. Tra missioni suicide, perdite e silenzi, i due cercano di sopravvivere – insieme e separati.
Sullo sfondo, la repressione di un’epoca che non ammette amori fuori dalla norma e che cerca di strappare ogni forma di poesia dal cuore degli uomini.
La recensione di In Memoriam di Alice Winn
Alice Winn sa scrivere. La sua prosa è solida, colta, costellata di riferimenti classici che denotano preparazione e cura. Sa tenere in mano il romanzo dall’inizio alla fine – e non è cosa da poco, considerando che si tratta di un tomo di oltre 400 pagine, storico, e per gran parte ambientato in guerra.
La struttura regge, il ritmo non cede mai del tutto, e la complessità dell’ambientazione è gestita con competenza. Detto questo, le note positive finiscono qui. Perché In Memoriam, pur avendo tutte le carte in regola per essere un romanzo potente e memorabile, per me si è rivelato un’opera fredda, distante, incapace di trasmettere le emozioni che prometteva.
Ecco quali sono per me i quattro problemi principali del romanzo della Winn.
La Grande Guerra descritta come un quadro in movimento
La Prima guerra mondiale è stata una carneficina senza precedenti. Milioni di giovani, spesso poco più che bambini, vennero spediti al fronte con una preparazione minima e quasi nessuna consapevolezza di ciò che li aspettava. Le trincee erano solchi fangosi infestati da topi, dove il freddo penetrava nelle ossa e il cibo era scarso.

Era una guerra combattuta metro per metro, calpestando fango mescolato ai corpi dei compagni, e sopravvivere voleva dire convivere con la fame, la sporcizia, l’esaurimento fisico e mentale.
Ecco perché, leggendo In Memoriam, la delusione è stata così forte. Nonostante la gran quantità di scene ambientate al fronte, i molti dettagli e le descrizioni minuziose, si fatica a sentire quel fango, quel gelo, quella paura viscerale. La guerra è descritta con distacco, quasi in punta di penna. Manca l’urto emotivo che un’ambientazione simile dovrebbe trasmettere. È come osservare fotografie perfettamente composte, ma prive di calore umano.
E il perché lo spiego sotto.
I personaggi secondari sono figure interscambiabili
Uno dei motivi per cui la Grande Storia non arriva è la debolezza dei personaggi di contorno. I comprimari passano davanti agli occhi come sagome di cartone: non hanno un’identità precisa, un vero background, una voce riconoscibile. Sono figure piatte, bidimensionali, che si confondono l’una con l’altra e non lasciano traccia nella memoria del lettore.
Ogni tanto compare un episodio che riesce a colpire — il soldato che muore dissanguato, lo studente che si arruola troppo giovane — ma sono lampi fugaci, mezza pagina di intensità in un mare di anonimato. E quando i personaggi non vivono sulla pagina, la narrazione è costretta ad appoggiarsi quasi interamente sulle descrizioni.
Il risultato è una storia detta più che mostrata. Ci viene spiegato cosa accade, quali emozioni i personaggi provano, ma raramente ci viene dato modo di sentirle davvero sulla nostra pelle.
E ora arriviamo alla parte veramente spinosa…
Gaunt ed Ellwood: una storia d’amore che non scalda il cuore
Il cuore narrativo del romanzo dovrebbe essere la relazione tra i due protagonisti. Amore represso, guerra, perdita: sulla carta, un mix devastante di angoscia. Nella pratica, la loro storia resta fredda e piatta.

Ammetto senza alcuna vergogna che c’è stata una scena, più o meno a un terzo del romanzo, che mi ha a tal punto irritato da avermi quasi spinto ad abbandonare la lettura.
*** Attenzione: allerta spoiler ***
Un gruppetto di soldati, tra cui i nostri due protagonisti, escono nottetempo dalle trincee per un’imboscata. Gaunt è perfettamente consapevole che si tratta di una missione suicida, ed è dispiaciuto soprattutto per Ellwood – che ama segretamente da anni, anche se non lo glielo ha mai confessato.
Gaunt viene preso da una fucilata in pieno petto e si accascia al suolo. I suoi compagni si ritirano in fretta e furia, perché portare via il corpo sarebbe troppo pericoloso.
Ora, noi lettori sappiamo che Ellwood è in guerra solo per Gaunt. Ellwood ama Gaunt appassionatamente e con tutto il cuore. Gli dedica ogni giorno poesie e vive per lui. Quindi quale sarà la sua reazione alla morte di Gaunt? Oh, beh. La Winn ci dice in modo asciutto che prova un grande vuoto… ma Ellwood non fa assolutamente nulla. Non si dispera, non cambia la sua routine, non si lacera. Come se non fosse accaduto niente là fuori…
È il perfetto esempio di telling che prende il posto dello showing – e che toglie pathos a un momento potenzialmente esplosivo. Personalmente, mi sono sentita come se la scrittrice mi avesse sottratto le emozioni che avevo il diritto di provare.
*** Fine spoiler ***
Un finale anticlimatico
Non dirò come finisce In Memoriam. Dirò solo che il romanzo non ha un brutto finale, in termini assoluti. Ho apprezzato il vaghissimo cenno di speranza con cui si chiude (probabilmente il solo modo possibile di non farlo finire in tragedia).
Quello che non ho apprezzato è stato il modo in cui si è arrivati al finale. Anziché un degno crescendo, man mano che si arrivava alla fine, la storia e la prosa si andavano spegnendo. Sono arrivata all’ultima pagina con l’amaro in bocca, stanca e arrabbiata (come Ellwood), senza che la scrittura abbia avuto su di me alcun potere catartico.
In Memoriam, considerazioni conclusive
Al netto delle qualità filologiche e storiche del romanzo, e di una scrittura indubbiamente elegante e controllata, trovo In Memoriam un’opera deludente e troppo ambiziosa per quello che riesce davvero a offrire. Dietro la raffinatezza formale della prosa arrivano poche emozioni, e quelle poche si perdono presto.
Troppe descrizioni soffocano la genuinità dei sentimenti e oscurano le storie individuali, che avrebbero meritato un approfondimento maggiore. Il risultato è un libro corretto, ben confezionato, ma incapace di colpire davvero.
Maggiori info sul romanzo qui.
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