Cina: l’arte di copiare

Perché la Cina copia

Il termine ‘cinesata’ è entrato in uso nel linguaggio colloquiale per indicare oggetti di scarsa fattura, spesso taroccati. Niente di più lontano da ciò che le copie cinesi realmente rappresentano.

Guardando di sfuggita la foto in alto, chi non penserebbe a Parigi durante un’uggiosa giornata autunnale? Invece ci troviamo a Tianducheng, una cittadina cinese nella Provincia di Zhejiang. Inaugurata nel 2007, è famosa per le sue costruzioni che replicano in tutto e per tutto lo stile parigino – compresa una Tour Eiffel alta 108 metri (contro i 324 di quella originale).

Copiare: la diversa visione di Cina e Occidente

Storicamente e culturalmente, da noi prevale il culto dell’originale, che identifichiamo con l’idea creativa, unica e irripetibile. Copiare viene visto quindi come un atto negativo, condannabile, associato al concetto di ‘falsità’.

Una copia, per quanto fedele all’originale, non sarà mai ritenuta altrettanto preziosa, importante o significativa. Nessuno da noi direbbe che la copia del David di Michelangelo che si trova in piazza della Signoria a Firenze ha lo stesso valore dell’originale scolpito da Michelangelo 4 secoli prima.

In Cina, invece, la copia non viene condannata ma ha un valore intrinseco, talvolta paragonabile a quello dell’originale a cui si rifà. Cerchiamo di capirne i motivi.

Cina arte di copiare
Dafen è un villaggio cinese di copisti. Come una enorme bottega a cielo aperto, sforna ogni giorno centinaia di riproduzioni fedelissime di opere d’arte. Pensate che ci lavorano ben 7000 artisti e 1200 gallerie!

Falsificare o rendere omaggio?

Zhang Daqian è stato un pittore cinese del XX secolo. Dotato di un incredibile talento, ha dedicato gran parte della sua carriera riproducendo le opere di grandi Maestri del passato. Fu travolto da una polemica quando a Parigi si scoprì che i quadri esposti in una mostra dedicata all’arte cinese, anziché essere degli originali, erano copie da lui realizzate.

L’artista venne accusato di essere un imbroglione e un falsificatore, ma questo era il punto di vista occidentale. Attraverso la riproduzione di capolavori del passato (spesso anche andati perduti), Zhang Daqian rendeva omaggio ai grandi Maestri che lo avevano preceduto, mostrava rispetto e manteneva viva nel presente la loro traccia. Era insomma un segno di profonda ammirazione. Ridando nuova linfa alla tradizione, l’artista non mancava di esprimere la propria personalità creativa.

Zhang Daqian pittore cinese

Zhang Daqian non può essere definito semplicemente un ‘copista’. E’ stato infatti il pittore più quotato al mondo. Il dipinto “Paesaggio dopo Wang Ximeng” è diventato la sua opera più costosa mai venduto all’asta, raggiungendo il valore di 47 milioni di dollari.

Shanzhai, quando copiare è uno stile di vita

Il termine shanzhai – semplificando – può essere tradotto con ‘imitazione‘. Letteralmente significa “fortezza di montagna“. Nel romanzo Briganti, uno dei classici della letteratura cinese, “shanzhai” sono i luoghi in cui i banditi si rifugiano per sfuggire alle autorità corrotte.

Ebbene, dal Duemila in poi è stata proprio questa l’accezione del termine che si è imposta: quella di prodotti contraffatti di scarsa qualità, basso prezzo, che però non si limitano a essere ‘copie’ degli originali ma offrono qualcosa in più.

Prendiamo ad esempio i cellulari, ambito in cui il mercato degli Shanzhai è particolarmente fiorente. In Cina non è inusuale imbattersi in negozi che vendono ‘Samsing‘ (e no, non è un errore di battitura) che sicuramente avranno una qualità inferiore a quella dei Samsung, niente servizio clienti e gadget. Ma, oltre ad avere un prezzo accessibile a molti, avranno anche funzioni che il modello originale non presenta. Sarà quindi un prodotto pensato per una certa categoria di clienti, più flessibile e adatto alle loro esigenze. In un certo senso, più democratico.

Occidente e Oriente: un incontro difficile

In Giappone c’è un luogo di culto shintoista, il Santuario di Ise, la cui costruzione risale circa al 690. Uno degli aspetti più interessanti legati a questo monumentale posto è il fatto che ogni vent’anni gli edifici principali che lo compongono vengono smantellati e ricostruiti completamente. La prossima ricostruzione avverrà nel 2033.

Santuario Ise Giappone

Se queste ricostruzioni cerimoniali fanno parte di un vero e proprio rituale che serve a ricordare ai fedeli la ciclicità dell’esistenza, e che tutto muore e tutto risorge, ha in realtà creato un corto circuito con gli storici dell’arte occidentali.

Il sito, infatti, faceva parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Tuttavia, in seguito ai continui rifacimenti l’Unesco ha deciso di rimuoverlo dalla lista perché visto come un falso storico.

Questa vicenda è estremamente interessante, perché mostra il difficile incontro tra Occidente e Oriente sulla concezione di copia e originale.

I due punti di vista sono inconciliabili: da un lato l’Occidente pone l’enfasi sull’autenticità dell’originale e della sua fedele conservazione nel tempo. L’Oriente concepisce la copia come un modo per avvicinarsi alla grandezza del passato, non vedendo in questa pratica alcuna connotazione negativa.

Certo, l’incontro tra le due concezioni è difficile ma non impossibile. La strada come sempre è la comprensione, la conoscenza e il dialogo.

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