Corea del Sud: quello che i drama non dicono

Nata nel 1982 quello che i drama non dicono

Avete presente Something in the Rain? C’è una scena in cui il protagonista, sfidando i tabù della società coreana sulle relazioni con donne più mature, ammira con occhi innamorati la sua ragazza. Quel semplice sguardo è in grado di far battere i nostri cuori, facendoci sognare un uomo che sappia amarci e venerarci con la stessa intensità.

Amore kdrama Jung Hae-in

Questo è solo un esempio, ma potrei portarne molti altri. Tanti drama infatti sono permeati di un romanticismo estremo, in cui l’uomo è disposto a qualunque cosa per conquistare la sua donna. Uno dei cliché più abusati è quello dell’«amore predestinato». I due si incontrano da bambini e non c’è second lead che tenga: si ameranno per sempre, finché morte non li separi qualunque cosa accada.

Quello che i drama non dicono

Quello che i drama raccontano è la verità? Esistono davvero in Corea del Sud uomini che si comportano in questo modo nei confronti delle donne? Com’è davvero la società coreana?

Nel 2016 in Corea fu pubblicato un romanzo di Cho Nam-joo, destinato a diventare un caso editoriale: Kim Ji-young, nata nel 1982.

La trama in breve

Considerata dal marito una donna aperta, allegra e solare, Kim Ji-young inizia a dare segni di instabilità un anno dopo aver partorito la primogenita.

Pensando di soffrire di una ‘comune’ depressione post-partum, la donna va da uno psichiatra al quale rivela la sua vita. Una vita in realtà normalissima – eppure raggelante.

Il ritratto che emerge dallo scarno racconto è quello di un’esistenza fatta di pressioni sociali sistematiche, misoginia e un sessismo esasperato.

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La disparità di genere in Corea del Sud

Il romanzo descrive senza emettere giudizi la vita molto banale di una donna coreana nata nel 1982, dall’infanzia all’età adulta.

La vita di Kim Ji-young non presenta niente di notevole, eccezionale o degno di essere fatto oggetto di narrazione. Non ci sono eventi memorabili, traumi sconvolgenti o fatti fuori dall’ordinario. Eppure, la donna a un certo punto deraglia, e noi – nel leggere quella piatta cronaca – ci sentiamo a disagio.

Pagina dopo pagina, emerge la fotografia di un Paese profondamente misogino e patriarcale, in cui le donne sono viste come persone e cittadini di serie B.

Qualcuno trova strano che i maschi in Corea abbiano sempre la priorità? No. Che si tratti della fila per mangiare alla mensa scolastica o dei trattamenti di favore che i figli maschi ricevono a casa dai genitori, loro vengono sempre per primi. E’ una regola che non viene messa in discussione. Così come nessuno trova strano che in Corea le carte d’identità degli uomini inizino con il numero 1, e quelle delle donne con il numero 2.

La disparità di genere, poi, si acuisce in modo esasperato se si guarda agli stipendi. La Corea del Sud è uno dei Paesi in cui il divario tra le buste paga di uomini e donne è più alto al mondo. Secondo i dati riportati, a parità di mansioni le donne che lavorano guadagnano il 63% rispetto ai loro colleghi maschi. La percentuale di media nel resto del mondo è dell’84%!

Sessismo in Corea: un pregiudizio radicato nella società

La mattina in cui Kim Ji-young deve sostenere un colloquio di lavoro, temendo di sbagliare indirizzo e arrivare tardi, ferma un taxi. L’uomo la prende su, le chiede se sta andando a un colloquio e lei risponde affermativamente.

L’uomo dice: «Cerco di non prendere mai una donna come prima cliente. Ti ho fatta salire solo perché ho capito che avevi un colloquio».

Insomma, Kim Ji-young deve ringraziare il tassista per aver fatto il suo lavoro e averle concesso il “privilegio” di pagarlo…

Non si tratta di un episodio isolato. Dopo il parto, la donna va da un medico lamentando dolore ai polsi. Quando il dottore le dice di riposare, Kim Ji-young risponde di essere troppo indaffarata per tenere le mani ferme. Non ha solo la bambina a cui badare, ma le pulizie da fare, i pasti da preparare e così via.

Il dottore la schernisce, dicendo che si sta lagnando per niente. Tutto il lavoro lo fanno la lavatrice e l’aspirapolvere – quindi non ha motivo di protestare. «Un tempo le donne si radunavano alla fontana per fare il bucato e si inginocchiavano per lucidare il pavimento… Oggigiorno voi donne di cosa dovete lamentarvi?»

E infine, sulle madri incombe un pregiudizio strisciante e avvilente. Da un lato la società spinge la donne ad abbandonare il lavoro dopo la maternità per dedicarsi completamente ai figli, finendo così per tagliare rapporti sociali e vivere un’esistenza da recluse. Dall’altra parte su queste donne pesa l’errata credenza che vivano comodamente coi soldi del marito, ottenendo vantaggi per il solo fatto di aver messo al mondo un figlio.

Nello slang coreano vengono chiamate ‘madri-insetto’ (in senso chiaramente dispregiativo) quelle donne che ad esempio occupano un posto in metropolitana perché hanno con sé un bambino piccolo, oppure non lavorano e si prendono cura della casa e dei figli ‘mantenute’ dal marito.

Essere donna oggi in Corea del Sud

Il libro di Cho Nam-joo è diventato un manifesto del femminismo sudcoreano. Oltre ad aver venduto in patria un milione di copie, ha dato voce a tutte le “Kim Ji-young”, quelle donne che per decenni hanno vissuto esistenze grigie, incomprese, soffocate dal maschilismo.

Ma cosa significa essere donna oggi in Corea? La situazione è piuttosto drammatica.

Un report pubblicato pochi giorni fa dal Corriere della Sera ci informa che la Corea del Sud ha il tasso di natalità più basso del mondo: il 65% delle donne in età fertile ha dichiarato di non aver alcuna intenzione di fare figli. Nel 2025, tra soli 2 anni, la Corea sarà il secondo popolo più anziano del mondo.

E’ un segnale fortissimo e preoccupante, che ci dice quanto disagio le donne provino nei confronti delle irrealistiche e pregiudizievoli aspettative che la società ha su di loro, e su quanto i rapporti uomo-donna siano compromessi.

Movimento 4B Corea del Sud

In Corea il movimento del MeToo si è imposto generando il Movimento 4B: no agli appuntamenti, no ai rapporti con l’altro sesso, no al matrimonio, no all’educazione dei figli (tutte parole che in coreano iniziano con la lettera “B”).

Per molte donne, questo è l’unico modo per vivere autonomamente, senza costrizioni e ingerenze da parte di una società che esse ritengono irrimediabilmente patriarcale. Sono consapevoli del fatto che la media di violenza domestica in Corea è sensibilmente più alta che nel resto del mondo: 41% rispetto al 30%.

Lo cantano anche le Blackpink: «Kill this love», Uccidi questo amore, «Triste ma vero, dobbiamo uccidere questo amore prima che uccida anche te».

Concludendo, ritengo sia importante leggere romanzi come quello di Cho Nam-joo perché ci permettono di avere uno sguardo realistico sulla Corea oggi. So che i drama ci fanno amare tutto ciò che è coreano, ci fanno battere il cuore e sognare di essere in quel mondo. Ma si tratta appunto di TV, finzione, racconti… arricchiscono la nostra vita e la rendono più bella. Ma è giusto anche sapere qual è la realtà dietro uno schermo.

Voto: 8.5

Se volete leggere il romanzo potete trovarlo qui.

Pagine: 176

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