La corsa al successo: un’analisi del burnout tra Corea e Italia

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Nella frenetica corsa verso il successo e l’eccellenza economica, la Corea del Sud si trova di fronte a un nemico silenzioso che minaccia la salute mentale e fisica della sua popolazione: il burnout.

Questa sindrome, caratterizzata da una sensazione di stanchezza estrema ed esaurimento emotivo, ha assunto proporzioni allarmanti in un contesto sociale dove il successo professionale è spesso misurato in ore di lavoro straordinario.

In questo articolo vedremo cos’è il burnout e come sta affliggendo la società coreana. Anche l’Italia tuttavia non è esente da questo fenomeno – specie in un periodo dell’anno come le festività natalizie che per molti risulta essere sfidante.

Parleremo di sintomi e rimedi, e vi consiglierò alcuni testi che potranno esservi utili per approfondire l’argomento.

Il burnout è una sindrome associata a stress cronico legato al lavoro. Lungi dall’essere semplicemente uno stress occasionale o temporaneo, il burnout può influenzare significativamente la salute mentale e fisica di una persona, riducendo la sua capacità di svolgere in modo efficace le mansioni quotidiane.

Stanchezza, esaurimento, difficoltà di concentrazione, alterazioni nel ciclo del sonno, aumento dell’irritabilità, una generalizzata insoddisfazione… sono tutti sintomi di burnout.

La settimana lavorativa in Corea del Sud

Secondo l’attuale Legge, in Corea il limite massimo dell’orario lavorativo consentito è di 52 ore settimanali. Stiamo parlando di oltre 10 ore al giorno di lavoro.

Corea del Sud potenza economica ricchezza

Tuttavia, come se questo non bastasse, a marzo del 2023 il Governo aveva annunciato un piano per aumentare il tetto delle ore lavorative in seguito alle pressioni dei gruppi imprenditoriali che (specie dopo lo stop del periodo del Covid) erano in cerca di una maggiore produttività. La proposta era quella di estendere l’orario lavorativo a un massimo di ben 69 ore settimanali.

La mozione si è scontrata però con una forte opposizione, specie da parte dei sindacati e delle generazioni più giovani, preoccupate che quella riforma impattasse ancora più negativamente sulla qualità della vita e sul benessere dei lavoratori.

L’idea di lavorare più ore non è estraneo in questa nazione, dove il concetto di “duro lavoro” è profondamente radicato nella società.

Il sistema scolastico in Corea del Sud: dove lo stress ha inizio

Lo stress e la pressione non iniziano nei corridoi delle aziende sudcoreane, ma si infiltrano sin dai banchi di scuola.

Sistema scolastico coreano

Il sistema educativo competitivo, alimentato dalle aspettative elevate delle famiglie, pone una pressione intensa sugli studenti fin dalla giovane età, creando un terreno fertile per lo sviluppo del burnout in fasi successive della vita. Gli studenti coreani affrontano una notevole pressione fin dalla scuola elementare e questa pressione aumenta ulteriormente durante gli anni di scuola media e superiore, quando gli studenti si preparano per gli esami di ammissione all’università.

Le lunghe ore di studio, le aspettative della famiglia, la poca tolleranza per i fallimenti e una società altamente competitiva sono tutti elementi che contribuiscono ad alimentare nei giovani una stanchezza fisica ed emotiva talvolta intollerabile.

In questo contesto, la sindrome del burnout si configura come un fenomeno sociale complesso di cui il governo e le istituzioni educative coreane sono pienamente consapevoli. Di recente si sta tentando di affrontare questi problemi e alleviare lo stress degli studenti, ad esempio riducendo il peso degli esami di ammissione. Ma la strada verso il cambiamento è ancora lunga.

Mentre la Corea del Sud affronta apertamente il problema del burnout, anche in Italia la pressione e lo stress possono farsi strada, specialmente durante il mese di dicembre.

Sindrome da burnout società coreana

Le festività, dipinte come un periodo di gioia e condivisione, possono essere fonte di stress per molti. La pressione di organizzare riunioni familiari e affrontare l’aspetto finanziario legato ai regali può, infatti, innescare una serie di tensioni. Sappiamo tutti quanto nel nostro Paese si dia importanza alle celebrazioni natalizie – che devono per lo più essere svolte in casa, coi parenti e secondo riti e tradizioni tipiche di ogni famiglia. Questo talvolta aggiunge un ulteriore pressione a un periodo già di per sé frenetico.

A soffrirne in modo particolare le donne, già impegnate in molteplici ruoli e responsabilità. Siamo noi donne, infatti, che rischiamo di assumere un carico eccessivo, mettendoci a rischio di burnout proprio per la nostra capacità di essere multitasking.

Il multitasking, sebbene possa sembrare un segno di efficienza, può portare a un costante stato di tensione. La pressione di gestire la casa, il lavoro, i figli, la famiglia… A tutto questo si aggiunge la preparazione delle festività, che può diventare schiacciante, contribuendo a una sensazione di stanchezza e frustrazione che persiste oltre le festività stesse.

Nella nostra società, la cultura della prestazione spinge le persone a cercare il massimo rendimento in ogni aspetto della loro esistenza, sia esso il lavoro, lo studio o la vita familiare. L’individuo si sforza di superare i propri limiti, spesso a costo della propria salute mentale e fisica. Han Byung-chul, noto filosofo coreano, sostiene che questa incessante ricerca della perfezione crea un circolo vizioso in cui l’uomo sfrutta se stesso senza sosta.

La società coreana, in particolare, ha abbracciato un modello di successo che spesso impone ritmi di vita estremamente intensi. L’aspirazione collettiva verso l’eccellenza, però, lascia pochi spazi per la riflessione, il riposo e la cura di sé.

La riflessione di Han Byung-chul fornisce una lente attraverso cui esaminare in profondità il burnout in Corea del Sud, rivelando come la ricerca inesauribile della prestazione abbia conseguenze tangibili sulla salute della popolazione.

Qual è allora la soluzione? Come si può vivere in questo mondo che spinge le persone al successo (spesso misurato in termini di risultati e performance) senza però mettere a rischio la nostra salute? Beh, la sfida è tutta nel trovare un equilibrio, il giusto mezzo che bilanci il desiderio di eccellere con la necessità di dare la priorità al proprio benessere fisico ed emotivo.

Se vuoi approfondire

Han Byung-chul, La società senza dolore

Saggio snello (sono solo 80 pagine) e acuto dove il filosofo coreano analizza la società attuale, in cui l’uomo fugge dall’esperienza del dolore e della morte.

Sono molti i temi che tratta, dalla tecnologia all’Intelligenza artificiale, dalla problematicità dei social ai comportamenti dell’uomo contemporaneo.

Con un linguaggio accessibile e uno sguardo alternativo sulla realtà, Han Byung-chul è sicuramente una lettura imprescindibile se ci si vuole avvicinare alla scena filosofica e intellettuale coreana – imparando qualcosa sul mondo di oggi.

Maggiori info qui.

Han Byung-Chul, La società della stanchezza

In questo saggio estremamente lucido e chiaro, il filosofo coreano affronta alcune delle tematiche di cui ho trattato in questo articolo.

Iperattività, prestazione, performance sono ciò che caratterizza la nostra società moderna – a cui andrebbe contrapposta la capacità di dire «No, non faccio», caratteristica di un’esistenza più contemplativa e meno attiva.

Questo saggio è davvero un regalo che si fa a se stessi per capire le dinamiche della modernità e tentare di opporre una sana resistenza a quelle più tossiche.

Maggiori info qui.

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