Lady Oscar su Netflix: un ritorno che non convince

Lady Oscar film Netflix 2025

Il 30 aprile è approdato su Netflix La rosa di Versailles, nuovo adattamento animato di uno dei manga più celebri e amati della storia.

Il titolo originale, Versailles no Bara, nasce negli anni ’70 dalla fantasia di Riyoko Ikeda, all’epoca giovane studentessa di filosofia che scelse di abbandonare gli studi per seguire la sua vocazione: i manga. Una scelta coraggiosa, in un Paese che di certo non incoraggiava le donne in percorsi fuori dagli schemi.

Eppure fu proprio da quella decisione che nacque Lady Oscar, un personaggio destinato a imprimersi nell’immaginario collettivo di generazioni di lettori e spettatori: Oscar François de Jarjayes, comandante delle Guardie Reali a Versailles, cresciuta come un uomo dal padre, e al fianco di una giovane e inquieta Maria Antonietta.

A luglio del 2024 l’annuncio della produzione di un nuovo film animato firmato dallo Studio MAPPA accese immediatamente l’interesse del pubblico. L’hype cominciò a salire, e io stessa ne parlai in questo articolo.

È quindi con un misto di trepidazione e aspettativa che mi sono seduta a guardare il film — nelle esplicite intenzioni di chi lo ha prodotto, un omaggio potente all’originale, pensato per colpire al cuore i nostalgici.

Ma la domanda è inevitabile: ha funzionato davvero?

Dal punto di vista tecnico, La rosa di Versailles è un prodotto realizzato bene, ma non benissimo. Colpisce subito per l’opulenza visiva.

Rosa di Versailles recensione Netflix

I personaggi — Maria Antonietta su tutti — sono sontuosi, vestiti con abiti carichi di dettagli e immersi in scenografie fastose, ricche di giochi di luce, capaci di appagare lo sguardo anche dello spettatore più esigente. Colori raffinati, l’estetica chiaramente studiata per omaggiare l’originale in chiave moderna.

Tuttavia, l’animazione non regge sempre il confronto con le aspettative. I movimenti sono spesso rigidi, le figure di sfondo sembrano scollegate dal primo piano, e l’insieme fatica a trovare armonia. L’effetto complessivo è, quindi, sì sfarzoso ma poco fluido, e a tratti persino sgradevole da guardare. Una resa che penalizza il ritmo visivo e tradisce, almeno in parte, la promessa di qualità che una produzione MAPPA dovrebbe garantire.

Luci e ombre dello Studio MAPPA

Prodotto dallo Studio MAPPA, La rosa di Versailles porta la firma di uno degli studi di animazione più acclamati (e discussi) degli ultimi anni.

Fondato nel 2011 da Masao Maruyama, MAPPA si è affermato grazie a titoli di enorme successo come Yuri on Ice, Banana Fish, Jujutsu Kaisen e Chainsaw Man, conquistando il pubblico con uno stile visivo potente e spesso spettacolare.

Tuttavia, proprio questa fama ha alzato l’asticella delle aspettative: MAPPA è oggi noto anche per il suo ritmo produttivo serrato, che talvolta penalizza la coerenza narrativa e la qualità dell’animazione. Nel caso de La rosa di Versailles, purtroppo, il risultato non è stato all’altezza del suo potenziale e del suo nome.

Se c’è un elemento davvero problematico in La rosa di Versailles, è la narrazione. O meglio: il modo in cui è stata gestita.

Lady Oscar Netflix finale

Condensare in poco meno di due ore un’opera così stratificata, densa di personaggi e implicazioni storiche, era un’impresa ambiziosa, lo riconosco. Purtroppo l’effetto finale è quello di un racconto superficiale, frammentato e privo di profondità.

Scompare quasi del tutto il contesto sociale, politico e culturale che nell’anime originale costituiva l’ossatura del racconto. Le sottotrame vengono tagliate, i comprimari ridotti a fugaci comparse, e persino il legame tra Oscar e Maria Antonietta — centrale e carico di tensione emotiva nell’opera originale — resta sullo sfondo, abbozzato e mai veramente approfondito.

Il risultato è un susseguirsi disordinato di momenti scollegati tra loro, cuciti alla meno peggio da una serie di canzoni inserite senza logica e da flashback che ripropongono scene appena viste. Insomma, un effetto “collage” che non rende giustizia né alla complessità dell’opera originale né ai suoi protagonisti.

E poi ci sono loro: i personaggi. O meglio, le loro versioni sbiadite.

Lady Oscar Netflix Film Top Flop

Oscar, icona androgina, austera e indomita, perde qui quasi tutto ciò che la rendeva unica nella versione originale del manga e dell’anime. La voce è troppo femminile, i tratti troppo addolciti, l’atteggiamento troppo emotivo (che dire del fatto che piange sempre?)

Non c’è traccia dell’ambiguità affascinante che l’aveva resa un simbolo, né della sua forza spigolosa, costruita nel conflitto tra identità, dovere e un desiderio e ardente.

Maria Antonietta, dal canto suo, è poco più che un involucro bellissimo. La sua evoluzione rimane incomprensibile perché manca un vero background narrativo. Le sue scelte non sono motivate, i suoi cambi di rotta appaiono arbitrari. Non possiamo empatizzare con lei semplicemente perché non ci viene mostrato il suo percorso, la sua storia, le sue ragioni.

Ma il colpo di grazia arriva con il finale. Quella che nell’anime era una sequenza di rara potenza tragica — struggente, sospesa nel tempo, capace di commuoverci ancora oggi — qui si riduce a una scena piatta, retorica, senza pathos. Un’occasione sprecata, forse la più grande di tutte.

Le aspettative, inutile negarlo, erano altissime. Il ritorno di Lady Oscar sullo schermo, con il coinvolgimento di uno studio importante e una produzione tecnicamente ambiziosa, faceva sperare in un’operazione capace di rileggere l’opera originale con rispetto e intelligenza.

La rosa di Versailles Netflix 2025

Invece, ci si trova davanti a un film che vive quasi esclusivamente di «effetto-nostalgia», senza riuscire a restituire la complessità, l’intensità e il coraggio narrativo che avevano reso l’originale un capolavoro.

Ne La Rosa di Versailles è tutto in superficie. Manca il cuore. Manca l’anima di quei personaggi che ci hanno cresciuti, fatto riflettere e commossi. Per chi negli anni ’80 ha visto il “cartone animato” (come lo chiamavamo allora), è impossibile non sentire una certa amarezza. Non perché ci si aspettasse una replica, ma perché ci si aspettava rispetto. Rispetto per una storia che parlava di identità, di ribellione, di scelte difficili. Rispetto per personaggi che avevano un raro spessore.

Questa nuova versione, invece, sembra guardare all’originale da lontano, senza comprenderlo davvero. E quando si perde l’essenza, tutto il resto — per quanto sgargiante — vale poco.

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