I tipi coreani più strani con cui sono uscita finora

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L’argomento suscita sempre un grande interesse, ma la cosa non mi stupisce. Tutta l’hype nasce in realtà dalla visione distorta che i kdrama ci hanno inculcato, e che ci spinge a credere che quel coreano col quale siamo in contatto sia Gong Yoo di Goblin oppure Song Joong-ki di Descendants of the Sun. Niente di più sbagliato!

Ne abbiamo già parlato, e vi ho promesso che avrei approfondito l’argomento. Ecco quindi che vi voglio presentare qui una carrellata di alcuni dei ‘contatti’ più bizzarri che ho avuto con alcuni ragazzi coreani a Seoul.

Si tratta talvolta solo di chat o di uscite singole e fortunatamente molto brevi, che meritano però di essere ricordate per la loro… memorabilità.

Il tipo che doveva andare a un funerale

Con Hong abbiamo chattato per un bel po’ di giorni, un ragazzo apparentemente a modo. Sembrava essere piuttosto equilibrato, non troppo assillante, ma nemmeno incostante. Faceva le domande giuste, rispondeva con cortesia, e aveva un faccino proprio bello – con due grandi occhi neri malinconici.

Dopo circa una settimana di chiacchiere, decidiamo di vederci il giorno dopo, un martedì pomeriggio. Fissiamo ora e luogo dell’appuntamento, e ci salutiamo.

Il giorno dell’appuntamento, avverto il primo segnale negativo in tarda mattinata, quando Hong non si fa sentire. Un atteggiamento molto poco ‘coreano’. Gli scrivo all’ora di pranzo per chiedergli se è tutto confermato e lui risponde: «Yes, OF COURSE!» con tanto di maiuscolo ed esclamativo.

Mi preparo, ma la sensazione che ci sia qualcosa di ‘stonato’ non mi abbandona. Sto per uscire di casa quando mi arriva un suo messaggio. «Scusa Valentina, perdonami, ma all’improvviso devo cancellare il nostro appuntamento perché ho un funerale. Possiamo vederci a fine mese?»

Gli scrivo che non c’è nessun problema e, mentre penso “Ma quanto durano i funerali in Corea??”, lo blocco senza pietà. So che i funerali in Corea durano qualche giorno, ma non intere settimane, ecco.

Ragioniamo: il funerale era chiaramente una scusa.

Un pacco tirato all’ultimo momento è una cosa brutta di per sé, irrispettosa e senza attenuanti. Mentre avrebbe dovuto prodigarsi in mille giustificazioni e trovare espressioni di pentimento, Hong aveva giocato la carta della commiserazione, ma facendo male i conti.

Conclusione: OcchiTristi è stato depennato seduta stante e non gli sono state concesse altre opportunità.

L’amante dei gatti

I ragazzi coreani sono famosi nel mondo per la loro cuteness. Non è una leggenda metropolitana, è davvero così. Hanno un lato delicato, gentile e ‘femminile’ (passatemi il termine) che a me personalmente intenerisce moltissimo. Sarà che dentro sono una bambina di 8 anni, ma certe attenzioni sono davvero disarmanti.

Nel caso di Kim Su, però, sono stata un po’ ingenua. La sua foto profilo avrebbe dovuto suggerirmi molte cose sul suo carattere, ma mi sono lasciata guidare – appunto – dalla mia bambina interiore. Kim Su, infatti, si presentava con una foto profilo dove appariva con orecchie e muso da adorabile gattino.

Ora, io non so cosa mi dicesse il cervello in quel momento per aver accettato di chattare con lui. Forse quel giorno ero stanca o forse mi mancavano i miei gatti. Non lo so. Forse lui mi appariva innocuo e carino, con quel musetto rosa e le orecchiette pelose. A pensarci adesso, rabbrividisco.

Fatto sta che nel giro di due scambi di battute, la conversazione (ovviamente!) inizia a virare sui gatti. Mi chiede se ho animali domestici, quali, quanti, di che colore e come si chiamano. Alla terza domanda di fila, comincio a capire il mio errore… Mi chiede: «Li hai portati in Corea con te? Ah no? Chissà quanto devono mancarti… Io non potrei vivere un solo giorno senza il mio gatto». Ah. Infine, sgancia la bomba. «Vorresti venire a casa mia a giocare col mio gatto?»

Non so se Kim Su intendesse letteralmente propormi di trascorrere ore liete a sollazzarmi col suo animale domestico, o avesse voluto graziosamente suggerirmi di risvegliare il suo ‘istinto animalesco’.

Quale che fosse la sua idea, mi è parso chiaro che aveva un piccolo, tenero fetish per i nostri amati mici e non mi è sembrato il caso di continuare la conversazione.

L’insegnamento che ne ho tratto è stato però fondamentale: mai più persone con filtri sulla faccia, possibilmente neanche foto in bianco e nero. Non si sa mai cosa potrebbero nascondere…

E comunque sì, i miei gatti mi sono mancati così tanto da andare in un cat-cafè a Seoul e passarvi un intero pomeriggio! Ve lo racconto sul mio account Instagram.

Il Dexter della cucina asiatica

Se c’è un tizio che mi ha spaventato a morte, quello è stato Jung. Che poi, per dire, l’ho pure incontrato e non aveva nulla di spaventoso – povera anima. Solo che Jung è una di quelle persone che ha zero capacità sociali, e non penso lo rivedrò mai più perché mi fa venire il cuore piccolo come una biglia.

Dovete sapere che Jung si presenta come una persona dai gusti raffinati, cosa che a me piace. Abbiamo chiacchierato di molti temi interessanti: musica, viaggi, differenze culturali. Fino al giorno in cui scopre che vivo a Seoul da sola. Ecco, lì succede il danno.

Perché dico che Jung è una persona con zero capacità sociali? Vi racconto come è andata la conversazione. E’ esilarante in modo macabro.

Nel momento in cui Jung scopre che vivo da sola, gli viene spontaneo esclamare: «Oh, davvero! Stai attenta! Qualche giorno fa nel centro di Seoul una donna straniera che viveva da sola è stata assassinata» Io guardo il telefono per lunghi, interminabili istanti, e non so bene cosa rispondere.

Gli vorrei fare presente che è inquietante che un uomo parli di omicidi quando neanche ancora ci conosciamo, e mi chiedo se sia opportuno o meno comunicarglielo.

Alla fine decido che l’onestà è importante, e rispondo che quella conversazione mi mette a disagio. Lui inizia a scusarsi, in maniera davvero molto educata e formale, e cambia argomento. Mi dice: «Ti faccio vedere cosa sto preparando per cena». Mi sento sollevata, e apro il video che mi ha mandato…

Ragazzi, non potete capire. Il video era lui che con un coltellaccio gigantesco e affilatissimo accarezzava in modo disgustosamente erotico un pezzo di carne sanguinolento ed enorme.

A quel punto non sapevo se piangere o ridere – e ammetto di aver pensato per un istante che Jung fosse un serial killer con la passione per la cucina.

Lasciamo Dexter alle prese coi suoi manicaretti, e concludiamo con quello che mi ha fatto più ridere di tutti. Il mio preferito, che ricorderò per sempre.

Lo ‘sugar son’

Un giorno vengo contattata da questo ragazzino (di cui non ricordo nemmeno più il nome) che inizia a mandarmi messaggi a raffica. Un coreano proprio bellino, dalla faccia pulita e dall’età terribilmente vicina ai venti. Io non gli do nessuna corda perché non sono interessata a questo genere di ‘scambi culturali’, ma – ahimè – alla fine rimango vittima della sua eloquenza quando, a forza di insistere, chiede: «Puoi rispondere solo a una domanda?»

Ammetto di essere stata curiosa di sapere quale domanda fosse, quindi ho detto sì («La sventurata rispose» di manzoniana memoria…). Lui se ne esce senza alcun imbarazzo con: «Posso essere il tuo ‘sugar daddy‘? Posso darti fino a 500$ la settimana».

(Per chi non lo sapesse, uno sugar daddy è di solito un uomo di mezza età che paga una ragazza molto più giovane di lui in cambio di compagnia e favori sessuali.)

In quel momento stavo camminando per strada. Sono scoppiata in una risata di pancia così fragorosa che la gente deve avermi preso per un’Occidentale bislacca e alticcia. Gli ho risposto: «Hey, hai realizzato che sono molto più grande di te?» «Sì, ma non mi interessa. Please please please».

Ai suoi ripetuti ‘please’ mi è sembrato di sentire un marmocchio implorare la mamma, altro che sugar daddy… L’ho ringraziato di cuore per avermi rallegrato la giornata, e l’ho bloccato ma senza cattiveria – piccolo coraggiosissimo e scostumato coreano senza nome. Per un breve istante, ti si è voluto bene.

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