Recensione di un capolavoro che fa dell’amore il suo più grande messaggio
It’s okay to not be okay è stato il mio primo drama quando non sapevo nemmeno cosa fossero i drama. Netflix continuava a metterlo in evidenza e un giorno, per sfinimento, ho ceduto. Credo sia superfluo dire che nel giro di 10 minuti ero catturata. Ho letteralmente seguito una farfalla (leit motiv di questa serie), attraversato uno specchio magico e mi sono ritrovata come Alice in un mondo tutto nuovo dal quale non voglio più tornare.
![It's okay to not be okay kdrama capolavoro 2020 recensione ita](https://i0.wp.com/www.valentinacalzia.it/wp-content/uploads/2022/06/Its-okay-to-not-be-okay-kdrama-capolavoro.jpg?resize=1024%2C576&ssl=1)
Benché sia passato del tempo da quando l’ho visto, ne ho un ricordo abbastanza nitido – sintomo che il primo amore non si scorda mai e che si tratta indubbiamente di un buon prodotto.
La storia è nota avendo avuto, soprattutto a livello internazionale, molto successo. Moon Gang-tae (Kim Soo-hyun) è infermiere presso un istituto psichiatrico, e ha un fratello maggiore autistico, Moon Sang-tae. Ogni anno, non appena sopraggiunge la stagione delle farfalle, i due devono cambiare città, perché Moon Sang-tae ha una vera e propria fobia per questi insetti. Il motivo, che scopriremo solo nel corso delle puntate, è legato a un evento traumatico accaduto durante l’infanzia.
L’incontro che cambierà loro la vita è quello con Ko Mun-young (Seo Yea-ji), celebre ma problematica scrittrice di libri per bambini, la quale non solo si innamorerà di Moon Gang-tae, ma scoprirà di condividere un tragico passato con i due fratelli.
La forza di questo drama non è tanto nella sua trama (che pure è appassionante), ma nella scrittura ed evoluzione dei personaggi. Se a questo aggiungiamo il fatto che It’s okay to not be okay ha coraggiosamente scelto di affiancare alla coppia principale un terzo protagonista autistico, direi che sicuramente l’aspetto psicologico e introspettivo è preponderante.
![It's okay to not be okay miglior attore non protagonista premio](https://i0.wp.com/www.valentinacalzia.it/wp-content/uploads/2022/05/tumblr_3d8ac72302232442bfb2c016c12e75d0_4259a91c_540.webp?resize=540%2C304&ssl=1)
L’interpretazione di Oh Jung-se, poi, è magistrale. Meritatissimo il premio come Miglior attore non protagonista ai Baeksang Arts Awards 2020.
Quando alla fine dell’episodio 9 Moon Sang-tae si scaglia contro il fratello e questi piange rannicchiato per le scale dell’ospedale psichiatrico, ho dimenticato per un attimo di essere una mera spettatrice. L’immedesimazione e il dolore sono stati tanto intensi da lasciarmi senza fiato. La violenza di quell’attacco mi ha fatto pensare a Caino e Abele, perché si tratta di un tradimento feroce e archetipico. E’ il fratello che colpisce al cuore il proprio fratello per gelosia.
Capisco quindi che questo non sia un drama adatto a tutti, perché suscita reazioni emotive molto forti.
C’è poi aspetto potenzialmente disturbante, ed è legato al finale. Ho amato il fatto che, dopo tanta angoscia, tutti i personaggi finalmente trovassero una loro serenità e il loro posto nel mondo. E’ stato consolante poter tirare un sospiro di sollievo e riposare nell’illusoria convinzione che ogni cosa fosse risolta per il meglio – proprio come una bella fiaba un po’ dark, di quelle scritte da Ko Mun-young.
Ma è, appunto una convinzione illusoria. Nella realtà non sono sufficienti la pazienza, la dedizione o il romanticismo per curare le malattie mentali. E’ anzi un messaggio incompleto quello veicolato dal drama che si possa guarire da soli o solo con l’aiuto dell’amore. L’amore aiuta e sostiene, ma non è sufficiente.
Detto questo, consiglio di guardare la serie come se fosse una favola dai toni gotici e moderni. Abbiamo una principessa che è anche strega. Memorabile la scena in cui spaventa la bambina che vorrebbe farsi una foto con lei, e quella scappa via urlando. Elegante, bellissima, dalla voce profonda e sensuale. Trasuda carisma, ma anche fragilità. Il suo personaggio è sfaccettato e complesso, non solo perché si porta dietro un pesante vissuto infantile, ma perché ha scelto di essere una donna onesta con se stessa, ai limiti del cinismo.
![Korean model Seo Ye-ji attrici coreane outfit](https://i0.wp.com/www.valentinacalzia.it/wp-content/uploads/2022/06/Seo-ye-ji-outfit-model.jpg?resize=800%2C300&ssl=1)
Non nego di essere rimasta affascinata dal modo in cui il suo personaggio dichiara guerra all’ipocrisia del mondo, senza fare sconti a nessuno – tanto meno a se stessa. Ho avuto l’impressione di una donna battagliera ma disarmata di fronte all’amore. Una donna che a suo modo (un modo disfunzionale ma efficace) è stata in grado di affrontare il dolore e di accaparrarsi il successo. Eppure, una donna che si scopre fragile e vulnerabile non appena s’innamora. E in quel momento inizia il suo percorso di guarigione.
Speculare il percorso di Moon Gang-tae. L’infermiere ha messo in stand-by la propria esistenza in funzione del fratello malato. Questo fine così nobile e altruistico lo ha però costretto a vivere una vita di «quieta disperazione». (Rings a bell? E’ la celebre frase di Thoreau citata nell’Attimo fuggente dal professor Keating…)
Al tempo stesso, avendo sempre vissuto all’ombra di Moon Sang-tae, in una famiglia in cui le sue esigenze e i suoi bisogni venivano messi in secondo piano, ha disperatamente bisogno del fratello per sentire di valere qualcosa. Solo nel prendersi cura di lui, infatti, ha una convalida del suo valore e della sua ragion d’essere. Moon Gang-tae è un personaggio che esprime grande fragilità, complessità e abissali carenze d’amore.
Inutile dire che i due, la scrittrice e l’infermiere, nella loro estrema diversità, sono perfetti l’uno per l’altra. E lo dimostrano sulla carta (la sceneggiatura) ma anche gli attori con una recitazione straordinariamente convincente.
![](https://i0.wp.com/www.valentinacalzia.it/wp-content/uploads/2022/06/it-s-okay-to-not-be-okay-recensione-k-drama-targato-netflix-v4-49830-2.jpg?resize=1024%2C576&ssl=1)
Ci sono anche aspetti deboli in It’s okay to not be okay. Ad esempio, le storyline dei personaggi secondari non brillano. Il tentativo di triangolo è ridicolo, e mi spiace particolarmente perché coinvolge un’attrice che adoro, Park Gyu-young (Dali and Cocky prince), qui invero molto sottotono.
Questi aspetti, però, sono compensati da altri eccellenti, oltre quelli già detti. Per citarne alcuni, l’uso di tecniche miste (stop motion e animazione), l’ispirazione burtoniana delle ambientazioni e delle illustrazioni di Moon Sang-tae, e la cura dei dettagli in ogni inquadratura.
Complessivamente, un’opera bellissima con cui iniziare il viaggio nei drama coreani.
Voto: 9+/10
Numero puntate: 16
Durata: 1h 20 circa
Dove vederlo: Netflix
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