Thirty-Nine, 2022

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Recensione: un cast sprecato, un kdrama sopravvalutato

Ho iniziato questo drama con aspettative altissime – un po’ per il cast stellare, un po’ per l’hype che si portava dietro e un po’ anche perché scritto dalla stessa mano di Encounter (che ho amato moltissimo). Thirty-Nine ha avuto 5 minuti di gloria, seguiti da una serie di puntate che per fortuna si sono limitate a 12, ma percepite 120.

Nessuno me ne voglia, so che la serie ha per lo più ottenuto consensi, ma a me ha lasciato indifferente, e io sono una che ha pianto copiosamente per High School King – Il Re del Liceo, quando lui le regala quel pacco gigantesco di popcorn, per dire.

In Thirty-Nine, però, ci sono una manciata di problemi che a dispetto del tema fortemente impattante e dell’ottima realizzazione, mi hanno lasciata… fredda.

Il primo sicuramente è la lentezza degli episodi. Chiariamoci, io amo i drama lenti, ma in questo spesso e volentieri non accade nulla per un’ora e venti. I dialoghi sono uno la fotocopia dell’altro e – per quanto io capisca, lo giuro!, che il tema affrontato è delicato – al decimo dialogo-fotocopia mi sono messa a scrollare Instagram.

Il secondo riguarda la chimica (latitante) tra le coppie. Sicuramente il focus qui non sono le storie d’amore, tuttavia questo non è un buon motivo per rendere gli approcci “romantici” poco coinvolgenti e maturi. Sappiamo tutti che il rapporto dei coreani con la skinship nei drama è problematico ed estremamente pudico, ma è ridicolo rappresentare delle donne di 39 anni con un’attitudine così inibita e pre-adolescenziale.

Non ho poi molto apprezzato la messa in ombra della terza amica, Joo-hee, la quale peraltro è stata protagonista dell’unico momento in cui mi sono sinceramente commossa (la scena in cui ha raccontato che cosa ha fatto del biglietto vincente della lotteria). E’ come se tutto ruotasse intorno alle altre due, al loro legame speciale costruito sui binari di quella metropolitana, ma rispetto al quale Joo-hee rimane sempre un passo indietro. Peccato, perché lei sarebbe stato un bel personaggio a cui dedicare un minutaggio maggiore.

Per il resto, OST, recitazione, regia e fotografia sono magistrali e danno l’impressione di un prodotto curato nei minimi dettagli e realizzato appositamente per suscitare immedesimazione ed emotività. Forse anche troppo: troppi ralenti, troppi effetti, tutti troppo belli, laccati, patinati – come le peonie nel primo episodio o quegli abiti di Valentino senza una sbavatura.

Insomma, in tutta quella perfezione per me non c’è stato spazio per l’emozione.

Tanto per chiacchierare. Son Ye-jin è un’attrice che ho molto apprezzato in Something in the Rain. Oltre a trovarla bellissima, mi piace il suo modo di recitare misurato ed elegante. Eppure, in Thirty-Nine non mi ha pienamente convinto. Dovessi dire, credo che il motivo sia duplice.

Da un lato, è un problema di scrittura del personaggio. Soprattutto nei primi episodi, infatti, è difficile amarla in quanto molto self-centered, incapace di distinguere ciò che lei ritiene giusto da ciò che la sua amica vuole per se stessa. Un atteggiamento che ho trovato francamente irritante e immaturo.

Dall’altro lato, mi è sembrato che l’attrice fosse in certi casi poco immedesimata nella parte e non del tutto efficace. Certamente non una brutta performance, ma sottotono.

Voto: 6½/10

Numero puntate: 12

Durata: 1h e 20 circa

Dove vederlo: Netflix

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